Da 27 anni lavoro con i linguaggi della comunicazione pubblicitaria per aiutare le aziende a vendere meglio. Creo strategie di comunicazione social, web e advertising classico per imprenditori e professionisti con lo scopo di avvicinare clienti e conquistare la loro fiducia. L’esperienza nell’advertising classico la applico alle grandi potenzialità dei nuovi media per costruire un'immagine di marca chiara e inequivocabile che alimenta la propensione all'acquisto. Inoltre, quello che so, lo metto a disposizione per attività di formazione.
Categoria: Riflessioni a raccolta di Massimo Danza
Con le storie di instagram puoi raggiungere precisi obiettivi di business.
Le situazioni ideali in cui utilizzare le storie sono:
quando hai l’esigenza di fare i saldi, quando devi proporre promozioni particolari, quando devi lanciare un prodotto, quando vuoi mostrare un tutorial o quando vuoi far vedere cosa succede dietro le quinte del tuo lavoro.
Lo potremmo definire come il social network vocale. Infatti, Clubhouse è una piattaforma audio in tempo reale. In questo social trovi tante “stanze” o chat rooms che funzionano solo con uno scambio audio.
Puoi incontrare amici e fare nuove conoscenze.Puoi fare domande e raccontare storie. Puoi creare dibattiti e imparare tramite la conversazione tra tutti gli utenti. Quindi in questo luogo non trovi immagini e video che hanno riempito tutti gli altri social e che probabilmente cominciano a stancare.
La novità di utilizzare solo file audio sta creando grande interesse negli USA. Credo che anche il massiccio utilizzo che facciamo di messaggi vocali possano spianare la strada alla diffusione di Clubhouse.
Vediamo nello specifico come funziona Clubhouse:
Devi entrare in una stanza che è stata aperta su un argomento e ascolti la discussione. Come nei sistemi delle videoconferenze hai a disposizione un pulsante per alzare la mano. L’admin della stanza decide di darti la parola e abilita il tuo microfono. E’ facile immaginare quello può succedere. Cominci ad ascoltare una conversazione per qualche minuto ma il flusso continuo degli audio ti potrebbe portare ad essere incollato all’ascolto anche per ore. Insomma Clubhouse è una sorta di podcast live e interattivo. Mentre fai altro, ascolti la conversazione che avviene in quel momento (non è una registrazione) e se vuoi, intervieni e parli direttamente con le persone che ti ascoltano proprio in quel momento. E’ chiaro che puoi aprire tu una stanza per cominciare una conversazione e ospitare persone.
Un’altra caratteristica importante di Clubhouse è che della conversazione non rimane traccia. Infatti, quando la stanza viene chiusa, l’audio e tutte le informazioni vengono perse per sempre.
Questo è lo scenario proposto dalla piattaforma, ma a me sembra molto evidente che ci saranno molteplici possibilità di sviluppo e di evoluzione.
Per ora entri in Clubhouse solo se sei invitato e se possiedi un iPhone. Quindi puoi scaricare l’app e aspettare l’invito da parte di una persona che conosci che è già dentro.
Per fare branding in modo efficace dobbiamo usare un tono di voce non troppo istituzionale e raccontare la nostra vita lavorativa anche quando le cose non vanno benissimo. Perché non siamo infallibili. Assicuriamoci di fare tutto questo con personalità e in modo davvero interessante.
Racconta quello che fai e come lo fai con il tuo modo di essere. Le persone si affidano a te o alla tua azienda. Comprano prima te e poi i servizi che offri o i prodotti che realizzi.
Fare branding vuol dire costruire una comunicazione che, attraverso un tono di voce coerente con la propria personalità, spieghi ai potenziali clienti cosa possiamo fare per loro con grande chiarezza.
Prima di commentare ho voluto approfondire per capire meglio tutta la vicenda.
COSA È SUCCESSO
Il fotografo Nicola Bertasi il 4 gennaio vede sullo scaffale di un supermercato le Abissine de La Molisana. Si incuriosisce, fa una ricerca e trova sul sito questo testo «di sicuro sapore littorio» e ancora « celebrazione della stagione del colonialismo». A questo punto decide di pubblicare un post in cui racconta quello che ha trovato anche con foto e conclude con queste parole: «Dopo le vicissitudini dell’omofobia Barilla finisce anche il mio rapporto con la «fascista» Molisana. Garofalo non mi tradire. Pasta Garofalo per favore. Quanto lavoro c’è ancora da fare.
LA STORIA DE LA MOLISANA
Provo ad approfondire ancora di più e trovo un articolo sul sito Il Gambero Rosso che dice:
«Le ‘abissine’, presenti anche nei cataloghi di molti altri pastifici, sono uno dei tanti tipi di pasta nati nella prima metà del novecento e denominati in omaggio alla cronaca e all’attualità dell’epoca: nello specifico il nome richiama alla conquista dell’Abissinia (poi Etiopia) durante gli Anni Trenta, in pieno fascismo. La scheda-prodotto (come ogni scheda-prodotto sul sito di Molisana) racconta stringatamente storia e vicende del formato in questione, spiega la nascita ai tempi del colonialismo italiano, indica che lo stesso formato – visto il nome dal sapore troppo fascista – all’estero si chiamava diversamente. E infine dà suggerimenti su cottura e ricette. La storia dei formati di pasta è, appunto, storia. Di più: è parte del patrimonio culturale e industriale dell’identità italiana e delle sue aziende più riconosciute nel mondo. Alcuni formati di pasta dell’epoca vengono ancora utilizzati oggi e sono in catalogo presso vari pastifici: ci sono le tripoline che richiamano alla conquista della Tripolitania nel 1912 e ci sono le mafalde che omaggiano un importante membro della famiglia Savoia»
QUANDO SI SCATENA ILWEB
La tempesta perfetta sul brand sembra scatenarsi dopo che il giornalista gastronomico e conduttore radiofonico Niccolò Vecchia condivide con i suoi follower di Facebook la schermata descrittiva delle Abissine e invita l’azienda a scusarsi. Minaccia pubblicamente di smettere di comprarla e chiede di cambiar nome ad un formato storico di pasta. Dopo pochissime ore rimbalza su Repubblica, su Ansa, su altri quotidiani e poi esplode sui social trasformandosi in un distillato di puro odio.
QUALCHE MIA RIFLESSIONE
Mi domando se sia giusto che il brand La Molisana debba subire la «shitstorm» e che improvvisamente si mettano a rischio un bel po’ di posti di lavoro. Mi domando se sia giusto che l’azienda sia costretta a chiedere scusa per nomi che esistano da quasi un secolo.
Forse contestualizzando tutta la vicenda credo che sia tutto esagerato, ma in questo momento storico i social sono capaci di scaraventare un brand nella «tempesta di merda». Per questo ritengo che un brand non può permettersi di lasciare nulla al caso e deve essere consapevole del momento storico. Questo significa che, se è vero che i nomi Abissine e Tripoline sono sempre esistiti (quindi non si tratta di nomi proposti oggi sul mercato), è anche vero che il mondo è cambiato, il mercato è cambiato. E’ cambiato il contesto. E un brand si misura col mercato e con il contesto ogni giorno.
Si può continuare a far finta di niente? Se il brand lo fa, vuol dire che non è pienamente in sintonia con il mondo. E questo è un problema che La Molisana ha pagato a caro prezzo nei giorni scorsi.
Forse l’azienda lo ha vissuto come un fulmine a ciel sereno. Ma il problema era lì, se lo trascinavano da tempo. E a farlo esplodere è bastato un post di dissenso.
Certamente è complesso semplificare. Ma deve essere sempre il nostro obiettivo. Un concetto articolato e complesso è più efficace se viene pulito e formulato in modo semplice prima ancora di essere comunicato.
La conquista e sopratutto la fidelizzazione di un cliente deriva piú da una migliore eperienza che da una politica di sconti o di prezzo. Chi compra per il prezzo più basso sarà facilmente predisposto a tradire la marca per risparmiare ancora di più.