Il brand è un sistema vivo. Non è statico.

𝐈𝐥 𝐛𝐫𝐚𝐧𝐝𝐢𝐧𝐠 è 𝐬𝐩𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐜𝐨𝐧𝐟𝐮𝐬𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐢𝐥 𝐦𝐚𝐫𝐤𝐞𝐭𝐢𝐧𝐠, 𝐥𝐚 𝐩𝐮𝐛𝐛𝐥𝐢𝐜𝐢𝐭à 𝐨, 𝐩𝐞𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚, 𝐜𝐨𝐧 𝐢𝐥 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐥𝐢𝐜𝐞 𝐥𝐨𝐠𝐨.
Ma il branding non è un prodotto, un servizio o un’identità visiva. È l’essenza di ciò che un’azienda o un professionista rappresenta. È l’impronta che lasci nella mente e nel cuore delle persone.

𝐏𝐞𝐫 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐛𝐫𝐚𝐧𝐝𝐢𝐧𝐠, 𝐝𝐨𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐞𝐫𝐜𝐢: 𝐜𝐨𝐬’è 𝐮𝐧 𝐛𝐫𝐚𝐧𝐝?
Un brand è molto più di un logo accattivante o di un nome facile da ricordare. È un insieme di associazioni mentali, valori e aspettative che le persone legano al tuo prodotto, servizio o attività. Un brand non è solo ciò che fai, ma ciò che prometti di essere. È l’impegno a fornire un’esperienza coerente, a rispettare i valori che dichiari e a soddisfare (o superare) le aspettative del tuo pubblico. Cos’è Davvero un Brand?

𝐔𝐧 𝐛𝐫𝐚𝐧𝐝 è 𝐩𝐢ù 𝐝𝐢 𝐮𝐧 𝐥𝐨𝐠𝐨, 𝐮𝐧 𝐧𝐨𝐦𝐞 𝐨 𝐮𝐧 𝐩𝐫𝐨𝐝𝐨𝐭𝐭𝐨.
È un concetto complesso, stratificato e profondamente emotivo che va ben oltre gli elementi visibili o tangibili. È un insieme di percezioni, emozioni e associazioni che vivono nella mente del tuo pubblico. In altre parole, il brand non è ciò che tu dici di essere, ma ciò che gli altri percepiscono di te. Questa distinzione è fondamentale, perché sottolinea che il potere di un brand risiede nella sua capacità di instaurare una connessione autentica e significativa con le persone.

“𝑈𝑛 𝑏𝑟𝑎𝑛𝑑 𝑛𝑜𝑛 è 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑛𝑜𝑖 𝑑𝑖𝑐𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑑𝑖 𝑛𝑜𝑖 𝑠𝑡𝑒𝑠𝑠𝑖, 𝑚𝑎 𝑐𝑖ó 𝑐ℎ𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑎𝑙𝑡𝑟𝑖 𝑑𝑖𝑐𝑜𝑛𝑜 𝑑𝑖 𝑛𝑜𝑖 𝑞𝑢𝑎𝑛𝑑𝑜 𝑛𝑜𝑛 𝑠𝑖𝑎𝑚𝑜 𝑛𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑎.” Jeff Bezos

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Pubblicato da

Massimo Danza

Che fossi un creativo pubblicitario lo hanno capito subito. Nel freddo inverno del 1965 nasco con 24 giorni di ritardo. In quasi un mese tutti chiedono di me, tutti si domandano come mai, tutti mi aspettano incuriositi. Realizzo così il mio primo teaser. La grande curiosità, la voglia di conoscere e l’istinto innato di esplorare mi porta a muovere i primi passi già a 7 mesi. La comunicazione sembro averla nel sangue perchè a 10 mesi già parlo. A 7 anni mostro di saper usare l’ambient marketing, il nonconventional e il flash-mob: in piazza Duomo, a Firenze, sparo al massimo il volume della radiolina e ballo; alla fine si abbasso i pantaloni per mostrarmi come il David di Michelangelo. A 10 anni invento il mio smartphone: allargo pollice e mignolo della mano destra e telefono ai miei amici. Poi unisco il pollice con l'indice delle due mani, inquadro, scatto foto e salvo i file nella mia memoryhead. A 12 anni sono già social: quando incontro gli amici condivido le mie esperienze, le spiego in modo dettagliato come fossero foto e tutti mi dicono ’mi piace’. Poi ho studiato, ho affinato le tecniche, ho fatto esperienza e dal 1989 lavoro e continuo a scrivere storie di successo insieme alle aziende per le quali lavoro. Qualche volta ho anche la pretesa di insegnare le cose che so e di raccontare con entusiasmo la mia esperienza.

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