Avete visto qualche duna?

La Riserva Naturale Regionale di Punta Aderci tutela il tratto di costa naturalisticamente più bello e interessante d’Abruzzo: un susseguirsi di spiagge di sabbia e ciottoli, di alte falesie e scogliere, di paesaggi agricoli e macchia mediterranea, di tonalità verdi e blu di un tratto dell’Adriatico da cui è facile lasciarsi stupire.

Ph Massimo Danza

La Riserva si estende dalla spiaggia di Punta Penna, attigua al Porto di Vasto, alla foce del fiume Sinello. Il promontorio di Punta Aderci caratterizza l’intera area abbracciando il parco e i sottostanti fondali marini, offrendo una visuale a 360° su tutta la Riserva, a cui fa da sfondo, la sera, il rosso del tramonto che disegna i profili delle montagne dei tre parchi nazionali: la Majella, il Gran Sasso-Laga e i Monti Sibillini.

Il paesaggio è piuttosto articolato con tratti pianeggianti tagliati da falesie in prossimità della linea di costa, pendii che scendono al mare, sistemi dunali, zone umide come il “laghetto” di Mottagrossa e la piana alluvionale del Sinello. Lungo le spiagge sabbiose o rocciose che siano, crescono comunità di piante resistenti al salmastro, al calore e al vento secondo una sequenza che, dalla battigia verso l’interno, vede insediarsi prima piante pioniere –come il ravastrello- poi specie della duna mobile –come la gramigna delle spiagge- e infine quelle della duna fissa fino alla comparsa delle piante arbustive e della macchia mediterranea. Fra i cordoni dunali, l’acqua, grazie anche alla presenza di argille, ristagna favorendo lo stabilirsi di fasce di canneto.

Le dune e l’ambiente fluviale si prestano bene all’osservazione naturalistica e al birdwatching. Qui svernano e sostano molte specie di uccelli come aironi, svassi, sterne, cormorani, il falco di palude e il fratino che campeggia non a caso nel logo della riserva. All’interno, verso i pianori coltivati, troviamo la cappellaccia, l’averla capirossa, il luì piccolo e rapaci come l’albanella minore, il gheppio e la poiana.

Punta Aderci è una Riserva da scoprire al passo lento dei nostri piedi, in mountain-bike sul vecchio tracciato ferroviario, in canoa o semplicemente godendo della tranquillità delle spiagge di sassi dei Libertini e della spiaggetta di Punta Aderci, dove a largo sono facilmente avvistabili i delfini del genere Stenella, e in alcune cavità è possibile ammirare l’Halymenia floresia, considerata l’alga rossa più bella del Mediterraneo.

Colonne sotto la muraglia

Il lato sud della Muraglia è abbellito, ai suoi piedi, da una serie allineata di colonne recuperate da templi e costruzioni romane, tra cui una acquistata da Isabella Sforza, proveniente dalla chiesa di San Gregorio de Falconibus, e il cippo n. 128 della via Traiana che, collegando Benevento a Brindisi, passava per Bari.

Ph Massimo Danza

Ingresso Abbazia di San Vito a Polignano a Mare

Il complesso di San Vito rappresenta tutt’oggi un esempio di architettura monastica di rilevante importanza storica. L’elegante abbazia che si ammira attualmente è il risultato di aggiunte architettoniche nei secoli, ma ad affascinare sono soprattutto le eleganti forme barocche, come la scenografica scalinata esterna che dalla corte conduce al loggiato con affaccio sul mare. L’edificio sacro è caratterizzato dalla chiesa romanica costruita sulle rovine dell’antica torre romana e alterata a sua volta dalla sovrapposizione di una costruzione adibita a sede del convento. L’aspetto rilevante della chiesa a tre navate è costituito dall’impianto con tre cupole in asse e con volte a botte nelle navate laterali. Tutt’oggi sono ben visibili i segni di un sistema difensivo contro le incursioni dal mare: le mura, all’interno la torre masseria del XVI secolo e sul mare la torre costiera.

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San Vito a Polignano a mare

Si tratta dell’ imponente Abbazia dei Benedettini, costruita proprio a ridosso del porticciolo ed affacciata direttamente sul mare. La leggenda narra di una nobildonna di Salerno che, mentre stava annegando nel fiume Sele, venne miracolosamente salvata da San Vito che le avrebbe chiesto di far traslare il suo corpo nel castrum polymnianense in Puglia. Le reliquie sante resero prospero il luogo sacro e fu cosi fondata l’abbazia, con tutta probabilità nel X secolo, ad opera di una comunità di monaci basiliani a cui seguirono, nell’XI secolo, i monaci benedettini. La storia dell’edificio ebbe però una vita travagliata, in quanto nei secoli successivi si succedettero vari domini e vi si insidiarono anche i monaci francescani che resero il luogo meta di pellegrinaggi. Bisogna arrivare nel XIX secolo per trovare un po’ di pace: dopo la soppressione degli ordini monastici, infatti, il monastero fu inglobato nel palazzo marchesale dei Tavassi-La Greca.

Ph Massimo Danza